L’ambiguità e la vaghezza sono nozioni fondamentali nello studio della semantica in linguistica. Vediamole insieme.
Ambiguità semantica
Si parla di ambiguità quando il referente dell’espressione non è delineato, cioè non è chiaro quale sia l’oggetto che è associato ad una data forma linguistica (una parola, una frase…). Spesso ci si trova a scegliere tra varie alternative, e lo sfruttare parole ambigue è sfruttato dai poeti e dagli scrittori.
Ad esempio, la parola piano può avere diversi significati: può essere un avverbio, in andare piano, un aggettivo, in un terreno piano, o un nome, in il piano Marshall. La sua forma, presa singolarmente, è quindi ambigua.
Analizziamo questa frase:
Luigi ha colpito la porta con la spranga.
Ci sono due interpretazioni possibili: o la porta è stata colpita da Luigi tramite una spranga, oppure Luigi ha colpito la porta sbarrata da una spranga. Siamo di fronte ad un caso di ambiguità semantica e sintattica.
Vaghezza semantica
La vaghezza definisce il proprio oggetto, ma quantifica non il grado di precisione ad esso associato: ad esempio sappiamo cosa significhi mucchio, che indica un insieme di oggetti (e di conseguenza sappiamo che il termine non è ambiguo), ma non sappiamo fino a che punto un mucchio di oggetti possa definirsi mucchio (tre oggetti fanno un mucchio? O quattro?). Lo stesso vale per calvo (quanti capelli si possono avere per essere definiti calvi?), alto (quanto alti si deve essere per essere alti?).
Vediamo quindi che il linguaggio naturale agisce in un territorio dove la logica bivalente (a due valori, sì/no, vero o falso) non attecchisce, in quanto stesse espressioni ricoprono spazi semantici di diverso grado.